GLI EQUICOLI
Le radici della nostra popolazione
L'alta Valle del Salto, denominata Cicolano, deriva il suo nome dagli Equicoli, basti pensare che la parola Cicolano è la volgarizzazione di Aequicoli Agnus, ossia "territorio degli Equi". Gli Equicoli, appartenenti al gruppo linguistico tosco-umbro, occupavano la valle dell'Aniene, la zona intorno al Fucino, la pianura Carsolana e la Valle del Salto, che costituiva la principale via di comunicazione tra le popolazioni del Fucino, la Valle dell'Aniene e della pianura reatina. Con il termine equicoli (Aequiculi/Aequicoli), entrato in uso nella letteratura e nell'epigrafia soltanto a partire dalla tarda età repubblicana (II/I secolo a.C.), si definivano le genti distribuite lungo la Valle del Salto. Essi erano ciò che rimaneva dell'antica nazione degli Equi, il cui territorio, originariamente ben più vasto, dopo la conquista romana (fine IV- inizi III sec. a.C.) venne circoscritto in quest'area, nel cuore dell'Appennino. Sono annoverati tra i popoli più antichi d'Italia, ma anche tra i più risoluti e valorosi, poiché combatterono a lungo contro i Romani. Combatterono infatti nella famigerata "Guerra delle Nazioni", dove Equi, Volsci, Sabini, Ernici, Latini ed Etruschi si allearono per fermare Roma. Numerose furono le vittorie e le sconfitte. Tant'è che Tito Livio, ad un certo punto, si domanda come gli Equi avessero potuto reclutare tanti soldati, mentre ai suoi tempi le regioni abitate da questo popolo contavano poche persone e ben poche facevano parte della milizia. Livio arrivò alla conclusione che probabilmente quelle regioni anticamente erano ben più popolose rispetto ai suoi tempi. In generale gli Equicoli, nelle fonti letterarie greche e latine, sono realmente descritti come un fiero popolo bellicoso, che vive di guerre e di saccheggi, ma anche di caccia, praticabile nei rigogliosi boschi della Valle del Salto, ed anche di agricoltura, per quello che l'asperità del territorio consentiva. Non riuscendo infatti a ricavare dai campi tutto il necessario per vivere, facevano spesso scorrerie nei territori dei popoli nemici.
Il lavoro duro dei campi, unito all'esercizio bellico, rese gli Equicoli dei resistenti e formidabili uomini da guerra, tanto da meritarsi l'appellativo di pervicacissimi (cioè, i più ostinati tra i popoli italici). Questo popolo è stato definito importante e civile da Marco Tullio Cicerone, ma Virgilio, nell'Eneide (libro VII, vv. 746 e segg.), parla di "duris Æquicola glebis", ovvero li descrive come persone fiere e rozze nei modi, che si procurava da vivere con la caccia o con le rapine e che coltivava armata i propri campi, ma narra del loro capo Ufente e lo definisce un grande e valoroso guerriero. Dai monumenti, invece, possiamo renderci conto del genio di questa civiltà, della sua potenza, dell'operosità, del benessere e della prosperità in cui viveva. Nel parlare del censimento di queste genti, alcuni storici moderni azzardano una distinzione tra Equi ed Equicoli, indicando con il primo nome gli abitanti delle rive dell'Aniene, con il secondo quelli della Valle del Salto. Questa distinzione non viene fatta da nessuno degli storici latini e greci, i quali usano senza distinzione i due nomi.
Basta conoscere le leggi con cui si governavano per capire che gli Equicoli siano quelli che per primi diedero agli altri popoli d'Italia la norma del diritto pubblico. Quando i Romani compilarono quelle che sono note come le XII tavole, che sono alla base del diritto romano, estrassero le prime dieci tavole dai libri giuridici greci e le ultime due le presero dagli Equi, come ci viene tramandato da Dionisio di Alicarnasso.
Dal 1984 la Sovrintendenza Archeologica del Lazio sta portando avanti una serie di campagne di scavo, indagini archeologiche e ricerche di superficie atte a determinare i principali momenti degli insediamenti nella Valle del Salto, ad individuare le possibili forme di utilizzazioni del suolo ed a delineare alcuni aspetti che caratterizzavano la società locale. É stata condotta un'interessante campagna di scavo archeologico, finalizzata al recupero di una necropoli di tombe databili tra il VI e la prima metà del V secolo a.C.
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